C’è chi ha definito il Padiglione di Malta alla Biennale Arte 2024 un po’ freddo, forse per quel colore blu del mare, così forte, così dominante, dove si intrecciano infinite linee geometriche bianche a rappresentare immagini stilizzate di antichi velieri. O forse per quella parete bianca dove il segno grafico si fa più scuro ma non per questo meno identificativo di quello che intende rappresentare: ancora navi, natanti, imbarcazioni. Il giovane artista Matthew Attard, classe 1987, si interfaccia con i visitatori dei primi giorni di apertura della Biennale Arte 2024. Sorride, saluta, racconta di questa straordinaria avventura che è il suo Padiglione di Malta I Will Follow the Ship alla 60. edizione dell’Esposizione Internazionale d’Arte della Biennale di Venezia.

Prestigioso incarico affidatogli dall’Arts Council di Malta e che ha suscitato nell’artista diversi sentimenti: “Sorpresa, emozione, non si è mai preparati. E’ stata un’esperienza travolgente, di grande onore e di grande responsabilità. Io, e le due giovani co-curatrici Sara Dolfi Agostini e Elyse Tonna, abbiamo cercato di ricambiare la fiducia che l’Arts Council ha avuto in noi”. E’ la prima volta che il Padiglione di Malta viene affidato ad un unico artista maltese. Il più giovane che fino ad oggi abbia rappresentato Malta alla Biennale di Venezia.

In che modo? Prendendo spunto dai graffiti ex voto che nei secoli sono stati incisi dai maltesi sulle facciate dei luoghi di culto. Per invocare una grazia, o di gratitudine per uno scampato naufragio. Vere e proprie forme di arte popolare che Matthew Attard ha rivisitato in chiave contemporanea, tra intelligenza artificiale e tecnologia digitale applicata al disegno.

Questo Padiglione racconta una parte della storia di Malta, che viene poi rielaborata con nuovi linguaggi artistici. Cosa ha significato per te partire dalla storia della tua isola?

Ci sono tanti livelli di lettura. In questa installazione c’è una storia del disegno. La storia dei disegni realizzati da persone comuni, non da artisti, quindi disegni come atti spontanei. E poi c’è la storia di Malta, del Mare Mediterraneo e di quello che ha rappresentato per gli spostamenti delle persone. Come artista ho a cuore la pratica del disegno. Attraverso il disegno cerco di legare le linee del passato con quelle del futuro per capire chi siamo, dove stiamo andando. Qui abbiamo cercato di creare uno spazio contemplativo.

Come nasce la tua esperienza artistica?

Per me il disegno esiste da sempre, fin da quando ero bambino, poi è arrivata la carriera artistica. Ho studiato a Malta storia dell’arte, ho frequentato uno stage alla Collezione Guggenheim di Venezia, piano piano ho cominciato a capire che il mio sogno di diventare artista si poteva avverare. Venezia è la mia seconda casa, qui ho fatto la mia prima mostra una decina di anni fa. Qui ho conosciuto tanti artisti. Da un punto di vista artistico, per me è stata una scuola di vita, un punto di crescita.

Oltre al segno grafico, quale tipologia di linguaggio artistico preferisci?

Il disegno è il punto di partenza principale. Nonostante l’esperienza che negli anni ho maturato, io ritorno sempre all’atto di disegnare perché il disegno può prendere ogni volta forme diverse. Il disegno non si può chiudere in una definizione: è quello fatto a mano con la matita ma può essere anche il risultato di un lavoro tecnologico. Non si può chiudere in un’unica definizione, è una continua scoperta.

Il disegno è anche un modo di comunicare, l’arte è un modo di comunicare …

Certo, e forse il disegno è l’espressione artistica di più immediata comunicazione. Il disegno è popolare, universale, il modo più semplice di comunicare ma anche quello più complesso perché semplificare tutto in una linea ha un potere straordinario. Quando il disegno diventa forma artistica si fa complesso e ricco di potenzialità.

Il tuo legame con Malta? Dopo questo lavoro hai altri progetti?

Sono nato a Malta, ho viaggiato molto e fatto tanti progetti ma Malta mi è sempre rimasta dentro. E questi disegni incisi sulle pareti dei luoghi di devozione maltesi, da cui ho preso spunto e che ho artisticamente rielaborato, sono la testimonianza che Malta è sempre dentro di me. E’ il mio background, e da questo background nasceranno nuovi progetti. Da questo lavoro per la Biennale, il più grande che abbia mai realizzato, sono nate tante nuove idee, e tanto ancora da fare.

Come è stato il lavoro e la collaborazione di un team così giovane, il più giovane che abbia mai lavorato per il Padiglione di Malta?

Fantastico. Abbiamo lavorato perseguendo un unico obiettivo ma con tanti livelli di dialogo. E il dialogo per me è un elemento fondamentale.

Cosa rappresenta per te, da un punto di vista artistico, la città di Venezia, dove hai vissuto e dove oggi sei a presentare questo tuo importante progetto?

Devo tantissimo a Venezia e a chi in questa città ha supportato il mio percorso artistico. Venezia è una tappa fondamentale nella mia vita artistica.

I tuoi prossimi obiettivi artistici?

Al momento è tutto sospeso, per ora la Biennale viene per prima. Ho un dovere e una responsabilità verso Venezia, verso il mondo dell’arte, verso l’Arts Council. Devo dare una risposta alla fiducia che mi è stata dimostrata.

“Esperienza travolgente”: Matthew Attard racconta il Padiglione Malta alla Biennale di Venezia ultima modifica: 2024-05-03T08:56:03+02:00 da Cristina Campolonghi

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